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La divisione del condominio.

E’ possibile per una parte del condominio dividersi dall’altra?

Avv. Massimo Pucci (Nettuno Consulting - #professionisti)



a) premessa

Spesso l’insofferenza di alcuni condomini all’essere assoggettati alla gestione condominiale dello stabile che ingloba una proprietà ad essi riferibile sfocia nel desiderio di svincolarsi da tale giogo.


Un caso noto alle cronache della giurisprudenza condominiale è quello del condomino che intende distaccarsi dalla fruizione di un servizio comune (ad esempio il riscaldamento centralizzato): in quel caso, superate le intransigenze degli scorsi decenni, il codice civile riformato sulla materia, ha disciplinato tale possibilità, prevedendo l’iter e le condizioni necessari a raggiungere tale risultato.

Cosa succede, però, se a volersi staccare dalla amministrazione condominiale non è solo un condomino in relazione ad uno specifico servizio, ma una intera parte della compagine condominiale?


E’ possibile per una parte del condominio “scindersi” dall’altra e diventare, di fatto, un condominio autonomo?


b) la normativa.


La risposta affermativa ci giunge dalla lettura degli articoli 61 e 62 delle disposizioni attuative del Codice Civile, che disciplinano (e ne indicano le condizioni) tale fattispecie e prevedono che:


A) ipotesi in cui le parti in cui sarebbe diviso il condominio all’esito della scissione “abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, quand'anche restino in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'art. 1117 c.c." (definizione resa dalla sentenza Cassazione Civile sez. VI - 21/06/2018, n. 16385).

In tale ipotesi è possibile prevedere lo scioglimento del condominio in due condomini distinti con queste due modalità:


A1) delibera assembleare del condominio ancora indiviso, con maggioranza prescritta dal secondo comma dell’art. 1136 c.c. (ovvero, numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi dell’edificio indiviso);


oppure


A2) disposto dalla autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte di edificio di cui si chiede la separazione.


* * *


B) Se, invece, la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento può essere deliberato solamente dall’assemblea del condominio ancora indiviso (quindi non è possibile ricorrere alla autorità giudiziaria – in tal senso Cass. 19-12-2011 n. 27507) con la maggioranza prevista dal quinto comma dell’art. 1136 c.c. (ovvero numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno due terzi dei millesimi dell’edificio indiviso).


Ciò premesso con riguardo al mero dato normativo, occorre dare uno sguardo alle principali pronunce giurisprudenziali rese in materia.


La già citata sentenza Cassazione civile sez. VI - 21/06/2018, n. 16385 ha svincolato il ruolo dell’autorità giudiziaria (ci troviamo, quindi, nella casistica A2 sopra menzionata) dall’effettuare valutazioni sulla opportunità della divisione (ovvero il Giudice non può effettuare alcuna valutazione circa il fatto se la separazione del condominio ne renda più o meno semplice ed economica la gestione separata – per quel che riguarda i nuovi condominii – e condivisa – con riguardo alle restanti parti comuni -, dovendosi limitare esclusivamente ad accertare se tale divisione possa essere giuridicamente possibile.

La norma, pertanto, lascia unicamente in capo alle parti la valutazione circa la convenienza o meno della operazione.


Quel che può essere oggetto di sindacato del Giudice, invece, è la sussistenza dei presupposti necessari alla separazione, quindi la natura di edifici autonomi all’esito della separazione, nonché la sussistenza dei quorum previsti dall’indicato punto A2.


Oltre a tale aspetto, le sentenze di merito e di legittimità si sono soffermate sovente sulla definizione di autonomia degli edifici all’esito della separazione, indicando che “se la separazione del complesso immobiliare non può attuarsi se non mediante interferenze ben più gravi, interessanti la sfera giuridica propria di altri condomini, alla cui proprietà verrebbero ad imporsi limitazioni, servitù o altri oneri di carattere reale, è da escludere, in tale ipotesi che l'edificio scorporando possa avere una propria autonomia strutturale, pur essendo eventualmente autonoma la funzionalità di esso riferita alla sua destinazione e gestione amministrativa” (Cass. sez. II - 01/12/2010, n. 24380 che cita Cass. 18.7.1963 n. 1964) e che “Il tenore della norma, riferito all'espressione «edifici autonomi» esclude di per sè che il risultato della separazione si concreti in un'autonomia meramente amministrativa, giacchè, più che ad un concetto di gestione, il termine «edificio» va riferito ad una costruzione, la quale, per dar luogo alla costituzione di più condomini, dev'essere suscettibile di divisione in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale, indipendentemente dalle semplici esigenze di carattere amministrativo” (in tal senso Tribunale sez. V - Roma, 09/11/2020, n. 15576, ma anche Cass. 1964/1963; Cass. 27507/2011; Cass. 21686/2014; Cass. 22041/2018; Cass. 16385/2018).


Concludendo

Sicuramente la scissione di una parte del condominio dall’altra non è una ipotesi applicabile universalmente o di largo utilizzo, ma può trovare applicazione in caso di sussistenza di determinate condizioni.


Ne consegue, pertanto, che laddove si intenda valutare la separazione di una porzione di condominio dalla parte restante, la disamina principale (essenzialmente di natura tecnica, più che giuridica) dovrà riguardare la autonomia degli edifici all’esito della separazione.


Ove tale presupposto sia dubbio o inconsistente diventerà impossibile o fortemente rischioso procedere alla separazione secondo le ipotesi A1 e A2, in quanto si incorrerebbe nel rischio di annullamento giudiziale della delibera nella ipotesi A1 (ove qualche condomino contrario alla separazione la impugnasse) o di rigetto giudiziale del ricorso nella ipotesi A2.


Diverso appare il caso contrassegnato come ipotesi B, il quale può essere raggiunto solamente con quorum assembleare ampio e si svincola in parte dalla sussistenza del presupposto della autonomia strutturale delle parti all’esito della divisione.

In caso di problematiche condominiali Nettuno Consulting, con i suoi professionisti in campo tecnico e legale, può fornire consulenza e assistenza a 360° per la conoscenza e la applicazione delle normative e per valutare e pianificare la strategia necessaria per raggiungere l’obiettivo prefissato.


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