L’amministratore di sostegno
- Nettuno Consulting
- 22 lug 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Non una negazione della libertà, ma un aiuto nella gestione quotidiana dei propri affari.
Avv. Massimo Pucci (Nettuno Consulting - #professionisti)

a) premessa
Nonostante le numerose informative e gli articoli scritti in materia, ormai da tempo reperibili facilmente anche sul web, spesso mi sento rivolgere la domanda: “un mio caro è chiaramente incapace di intendere e volere, c’è qualche modo per impedirgli di usare - e disperdere - il suo patrimonio?”.
L’approccio può essere scatenato da differenti fattori, che spaziano dalla volontà di aiutare un soggetto che si ritiene essere in difficoltà al desiderio di appropriarsi dei suoi averi.
Al di là delle intenzioni, per comprendere meglio il ruolo (giuridico e sociale) della figura che per molti tribunali ha da tempo soppiantato quelle che, prima della sua introduzione nell’ordinamento, erano le classiche misure di protezione per le persone prive di autonomia o con autonomia limitata (interdizione e inabilitazione, tuttora esistenti, anche se pressochè inapplicate), occorre procedere secondo un diverso punto di vista.
Il punto di vista del diritto (perlomeno quello primario) non è quello di tutelare parenti e discendenti del soggetto in difficoltà, bensì, come logico che sia, di consentire allo stesso di giovarsi dell’aiuto di un soggetto che sappia affiancarlo nelle difficoltà quotidiane (che possono essere le più disparate, come vedremo, rendendo quindi assai “liquida” la forma dell’istituto di protezione oggetto di disamina).
Per tale ragione, anche al fine di rendere possibile l’individuazione di una misura sempre più “tailor made” per il beneficiario, con legge 6/2004 è stata introdotta nell’ordinamento la figura dell’amministratore di sostegno, che ha affiancato (e, come visto, nella prassi sostanzialmente sostituito) le figure del tutore e del curatore, che erano affidate ai soggetti interdetti ed inabilitati.
Per questo è sbagliato, a mio modo di vedere, ritenere (come inconsciamente viene naturale fare) la nomina di un amministratore di sostegno una limitazione completa della libertà del beneficiario, dovendo essere lo stesso un mero supporto all'attività quotidiana del beneficiario stesso.
b) la nomina e i compiti dell’amministratore di sostegno
L'amministratore di sostegno è nominato con decreto dal Giudice Tutelare del Tribunale di residenza del beneficiario, il quale deve essere un soggetto che, a causa di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere in tutto o in parte al compimento delle attività tipiche della vita di tutti giorni e che, quindi, abbia bisogno di assistenza e sostegno.
In prima battuta, quindi, occorre sgombrare il campo dal parallelismo “amministratore di sostegno = incapacità di intendere e volere”.
L’amministratore di sostegno può essere nominato, infatti (ed, anzi, è proprio per queste situazioni che la figura ha avuto origine), per portatori di disabilità fisica, che abbiano bisogno di qualcuno che li aiuti a gestire i propri affari quotidiani, per chi è affetto ad esempio da sindrome di Down (sicuramente, quindi, capace di intendere e volere) e via dicendo.
Ulteriormente, alla luce della precedente precisazione, occorre sgombrare il campo anche sul fatto che l’amministratore di sostegno possa essere un soggetto che affianca fisicamente il beneficiario per consentirgli di superare le difficoltà fisiche che incontra ogni giorno: non è questo il suo compito.
Egli, infatti, è deputato a svolgere, in nome e per conto del beneficiario, atti giuridici che lo stesso beneficiario faticherebbe a porre in essere.
Con riguardo ai compiti dell’amministratore di sostegno, l'art. 409 c.c. indica che: "Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. Il beneficiario dell'amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana".
Pertanto, gli atti che l'amministratore di sostegno può porre in essere a favore del beneficiario non potranno più, dopo la nomina, essere svolti dal beneficiario.
Tali atti si dividono in atti di ordinaria amministrazione ed atti di straordinaria amministrazione: i primi potranno essere svolti dall’amministratore di sostegno senza alcuna autorizzazione da parte del Giudice Tutelare, i secondi saranno posti in essere solamente previa l’ottenimento di tale autorizzazione.
Tutto quanto non riservato dal decreto al compimento dell’amministratore di sostegno potrà essere svolto liberamente dal beneficiario.
L’art. 410 c.c. indica, poi, i doveri dell’amministratore di sostegno:
tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario;
deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere;
deve informare il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso;
è tenuto, altresì, a continuare nello svolgimento dei suoi compiti per almeno dieci anni ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dal convivente, dagli ascendenti o dai discendenti;
presentare periodicamente una relazione circa l’attività svolta e il rendiconto di tali attività.
c) chi può chiedere la nomina dell’amministratore di sostegno e chi può svolgere tale ruolo.
Possono chiedere la nomina dell'amministratore di sostegno:
lo stesso beneficiario (anche se minore, interdetto o inabilitato)
Il coniuge
la persona stabilmente convivente
i parenti entro il 4° grado: genitori, figli, fratelli, nonni, zii, prozii, nipoti e cugini;
gli affini entro il 2°grado: suoceri, nuore, generi e cognati;
il pubblico ministero;
il tutore o il curatore.
L’art. 408 c.c. prevede che “la scelta dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. L'amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata”.
Il Giudice Tutelare, per la nomina, sceglie tra una persona che sia vicina al beneficiario (il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata), potendo, però, in assenza o in caso di ragioni ostative a tali nomine, incaricare un amministratore di sostegno totalmente esterno all’ambito familiare.
Sono molti i quesiti ed i dubbi che sorgono quando ci si trova a dover affrontare un percorso di nomina di amministratore di sostegno: Nettuno Consulting, con i suoi professionisti in campo tecnico e legale, può fornire consulenza e assistenza a 360° per comprendere gli ambiti di intervento di tale figura e quanto necessario per predisporre il ricorso.
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